Stampare con le cellule invece dell’inchiostro
La stampa 3D computerizzata permette di sovrapporre strati di plastica o metallo con uno schema predefinito, fondendoli successivamente per ottenere componenti di ogni tipo, dalla gioielleria ai motori di aerei.
La biostampa, invece, è una speciale tecnologia di stampa 3D, che stratifica strisce di “bio-inchiostro” costituito da cellule vive, alternate a un gel legante. Incredibilmente, le cellule (sia le staminali embrionali multi-funzione sia le staminali adulte selezionate per compiti specifici) si organizzano autonomamente per svolgere le stesse funzioni che svolgerebbero nel corpo umano.
La biostampa 3D è un’invenzione di Makoto Nakamura, oggi professore d’ingegneria biologica presso l’Università di Toyama in Giappone, che ha notato come le goccioline d’inchiostro depositate da una stampante a getto fossero simili per dimensioni alle cellule biologiche. È così che ha costruito la prima bio-stampante 3D nel 2006.
“Abbiamo dimostrato che le strutture 3D possono essere prodotte utilizzando diverse tipologie di cellule”, racconta Nakamura. “Siamo riusciti a produrre vasi a doppio strato con diversi tipi di cellule – cellule vascolari endoteliali all’interno e cellule muscolari lisce all’esterno – riproducendo la struttura dei vasi sanguigni.”
Un terreno fertile
Gli scienziati della Columbia University di New York City stanno lavorando su denti e articolazioni realizzati con la biostampa, che dovrebbero risultare più semplici da realizzare in quanto non richiedono alcun nutrimento. Il team della Columbia ha impiantato un dente realizzato con una stampante 3D nella mandibola di una cavia. In due mesi l’impianto ha stimolato la crescita dei legamenti periodontali e di una nuova ossatura. I ricercatori hanno anche impiantato ossa dell’anca biostampate su conigli cavia, che hanno cominciato a muoversi sulle nuove articolazioni nel giro di poche settimane.
Esistono quattro livelli di complessità dei tessuti. I più semplici sono elementi “piatti” come la pelle; ci sono poi strutture tubolari come i vasi sanguigni e, a salire, organi cavi come stomaco e vescica. Infine, gli organi più difficili da riprodurre sono quelli “solidi” come cuore e reni, composti da molti tipi di cellule diverse. Per produrre questi organi, gli scienziati devono capire come nutrire i tessuti attraverso vasi sanguigni di varie dimensioni.
“Il terreno è molto fertile e molte sono le esigenze da soddisfare, specialmente nel settore farmaceutico,”
sottolinea Murphy.
“Per gli organi complessi di un certo spessore ci vorrà ancora tempo, ma i tessuti con almeno una delle tre dimensioni nell’ordine di un millimetro potranno essere realizzati a breve. Stiamo lavorando per inserire questi tessuti in un programma di test clinici su pazienti umani entro cinque anni.”